Qualcuno dice che la crisi economica nasconde sempre grandi opportunità, perché è proprio in questi periodi che si è portati a pensare fuori dalle righe.
Lo penserà anche il settore della ceramica, che fino a qualche anno fa guardava soprattutto al mercato italiano per il proprio fatturato, ma che proprio la crisi ha costretto a mettere la testa fuori dall’Italia. Il risultato con l’estero è un giro d’affari – nel 2015 – pari a ben 5,8 miliardi di euro: l’Italia incide ormai poco più del 20% sul fatturato dei produttori. Dati che ritraggono un settore che sembra andare a gonfie vele, con 228 industrie che occupano 25.152 addetti (in media sono 110 addetti per industria).
Nel settore della ceramica – come è facile pensare – il maggiore successo ce l’hanno le piastrelle, con 150 imprese (su 228) e 19.143 addetti (su 25.152): dato leggermente in ribasso (-1,4%) rispetto al 2014. Il fatturato di queste aziende è stato di 5,1 miliardi di euro, di cui ben 4,3 miliardi all’estero: il fatturato generale è cresciuto del +4,1%, nonostante i quantitativi di vendita siano rimasti pressoché invariati (396,9 milioni, +0,6%). Segno che il fatturato sale perché aumenta la qualità della ceramica venduta oltre confine: se da una parte la minaccia del ritorno delle piastrelle cinesi in Europa continua a terrorizzare il settore (ed è al centro dell’agenda politica), dall’altra le nostre aziende si stanno posizionando su un segmento sempre più alto e importante, al fine di farsi trovare pronte qualora tornasse la concorrenza low cost dall’estremo Oriente.
Ultima nota positiva: gli investimenti. Le aziende hanno speso 351,3 milioni di euro, ben +22,7% sul 2014, facendo registrare il record assoluto dal 2000. I dati sono stati riferiti da Confindustria Ceramica all’inizio del mese scorso.
Chiamatela crisi, se volete.
Ceramica: il 2015 è stato un anno da record
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