Credo di non aver mai avuto un solo cliente (italiano) che abbia scelto di non mettere un box per chiudere la sua doccia. Ne ho venduti di tutti i tipi e dato che spesso noto che c’è poca informazione sul prodotto che si va a scegliere, ho pensato di scrivere una piccola guida per spiegare come trovare la propria soluzione ideale.
MATERIALE – La prima scelta va fatta sul materiale. Acrilico o vetro temperato? In passato si è molto utilizzato l’acrilico, anche se negli ultimi anni le sue vendite sono scese in modo drastico. I motivi sono semplici: è poco sicuro e negli anni tende a diventare brutto (principalmente tende a ingiallire). L’argomento che vedo essere più interessante per i clienti solitamente è la sicurezza: la differenza tra il vetro e l’acrilico sta nel fatto che il primo viene temperato, ovvero sottoposto a shock termici che gli permettono – in caso di urti – di frantumarsi in mille pezzettini. Con quale pro? Facile. Immaginate un bambino che correndo sbatte contro il box doccia, o in alternativa immagina di star facendo la doccia e di svenire: con il vetro temperato i rischi saranno minimi rispetto all’acrilico.
SPESSORE – L’unico vantaggio di un box in acrilico è il costo, molto basso. Per questo ogni azienda propone anche dei vetri molto sottili, che permettono di avvicinare il costo del box in vetro a quello in acrilico. Soluzioni low cost hanno quindi i vetri da 3 mm, a volte alternati ad altri più spessi sui lati scorrevoli (che è più facile sbattano e per cui quindi si cerca uno spessore maggiore): quindi possiamo trovare le accoppiate 3 mm sul fisso abbinato al 4 o al 5 mm sullo scorrevole. I box doccia con altri tipi di aperture, invece, hanno sempre lo stesso spessore: possiamo quindi trovare, dopo i 3 mm, i 4. Se si cercano soluzioni più robuste, senz’altro consigliate in caso di grandi spazi doccia, è bene passare a spessori di 6 oppure 8 mm. In caso di docce “walk in” ancorate solo da un lato, non esitate a scegliere gli 8 mm. Detto questo, lo spessore che si vende maggiormente è il 6 mm. L’8 mm è adatto a chi desidera il non plus ultra, non solo in termini di sicurezza ma anche di estetica. Le aziende produttrici, infatti, riservano per questo spessore i loro fiori all’occhiello: porte rallentate come nei mobili, profili incassati a muro e tante altre meraviglie che possono rendere un box doccia un elemento assolutamente meraviglioso.
FINITURE DEI VETRI E PULIZIA – Anche qui il cambiamento è stato particolarmente importante. Diversi anni fa andavano principalmente le finiture del vetro con zigrinature chiamate Stampato C e cincillà.
Negli ultimi anni a queste finiture vengono spesso preferite il trasparente o il satinato. Il bello del trasparente è che fa vedere dal resto del bagno l’interno doccia, spesso impreziosito nel rivestimento delle pareti con decori importanti (e qua si vede quanto io pensi sempre alla ceramica). Il bello del satinato è invece la privacy che dona a chi sta facendo la doccia, permettendo di usufruire del bagno in più persone in contemporanea. Una via di mezzo può essere invece il trasparente con una o più fasce satinate a metà altezza. A livello di pulizia cambia ben poco, è bene prendere l’abitudine di usare un tira acqua una volta finita la doccia. Altre due finiture, apprezzate soprattutto dai giovani: il trasparente extrachiaro e il vetro fumé. Il primo è un vetro trasparente senza riflessi verdi, caratteristici dei normali vetri della doccia: viene prodotto con una composizione differente, che comporta costi maggiori. Il vetro fumé è invece un vetro trasparente ma colorato di nero: faccio notare che il nero non è oscurante, si vede senza problemi l’interno doccia.
TRATTAMENTO ANTICALCARE – Buona parte dei clienti, arrivati a questo punto, mi dice che apprezza il box doccia trasparente ma ha paura per la pulizia. La soluzione è una sola, in tal caso: il nanotrattamento del vetro. Infatti il vetro è naturalmente poroso ma, tramite delle nanoparticelle, si possono riempire le porosità creando un vetro perfettamente liscio anche al microscopio.
TIPI DI APERTURE – Le soluzioni che dominano il mercato sono lo scorrevole e la porta a battente (che apre all’esterno). Non a caso sono le due soluzioni più estetiche che si possano avere. Lo scorrevole, nei prodotti di fascia alta, ha solo un binario in alto, risultando più essenziale e più facile da pulire: detto questo, se si guarda alla funzionalità, lo scorrevole è sempre più difficile da pulire degli altri a causa della sovrapposizione dei vetri. Chi ha problemi di spazio in casa può scegliere anche la porta a soffietto (in realtà non più tanto amata) o la porta a saloon (come nei vecchi western, due porte che si possono aprire sia all’interno sia all’esterno) che però costringe ad avere un antiestetico profilo a metà del lato con la porta. Esistono poi altre soluzioni, più particolari, per chi ha esigenze particolari: c’è per esempio la porta pivottante per chi vuole una porta a battente ma riducendone l’ingombro in fase di apertura; la nicchia con perno centrale, con il vetro quindi che ruota di 180° permettendo di entrare da una delle due estremità. Questi sono solo alcuni dei numerosi esempi di aperture particolari. Nei prossimi giorni pubblicherò una gallery con diverse fotografie di soluzioni
MADE IN ITALY O MADE IN CHINA? – Anche qui si combatte il classico dualismo tra produzione nazionale o estera. Premetto che non ho mai approfondito la fase di produzione del vetro, né nel nostro Paese né in altri, tuttavia mi sento di fare un paio di considerazioni. Innanzitutto una questione commerciale: chi commercializza prodotti d’importazione (solitamente cinese) tende a farlo esclusivamente per poter avere maggiori margini di guadagno. Nella mia esperienza ho notato che chi produce direttamente il vetro è solitamente molto disponibile anche in caso di assistenza (“il mio idraulico non riesce a montare il box”, “è esploso un vetro del box doccia”, ecc); non posso dire la stessa cosa delle aziende commerciali che ho conosciuto in questi anni, che tendono a essere eccessivamente rigide in caso di problemi. L’obiettivo è sempre lo stesso: massimizzare i profitti senza curarsi della fidelizzazione del cliente. Una di queste aziende commerciali mi ha anche spiegato che loro il “made in prc” lo scrivono solo su un adesivo che viene attaccato sull’esterno della confezione in cui è contenuto il vetro: quindi, se un rivenditore volesse staccarlo… il cliente non saprebbe nemmeno la provenienza cinese del prodotto comprato. È stato il responsabile di un’azienda a suggerirmi una cosa simile: ne sono stato disgustato. Altra considerazione per cui preferisco vendere vetri italiani: il cristallo (il vetro normalmente utilizzato per produrre i box doccia) contiene ossido di piombo. L’idea che venga prodotto in Italia, con tutta la regolamentazione nazionale e comunitaria, mi dà molta più tranquillità che immaginarlo prodotto dall’altra parte del mondo. Si noti bene, non voglio demonizzare la produzione cinese, perché possono essere anche produzioni di qualità: non sapendolo non voglio sbilanciarmi. Tuttavia il rivenditore nell’acquisto ha differenze nel costo d’acquisto di poche decine di euro: su un box doccia di fascia alta la differenza di prezzo da cinese a italiano può essere qualcosa di simile a 50€ per un rivenditore. Personalmente preferisco guadagnare 50€ in meno ma vendere un prodotto che mi dia più tranquillità. Spesso mi ritrovo a parlarne con i miei clienti e sono d’accordo con me.
Ora che sai parecchie cose…come vorrai fare il tuo prossimo box doccia?
Lascia un commento